L’Enantio: un vino dalle radici profonde

È ormai accertato che al nostro enorme patrimonio ampelografico hanno contribuito numerosissimi vitigni arrivati da territori extra nazionali, in età più o meno recente che hanno affiancato i nostri numerosissimi autoctoni, alcuni dei quali, purtroppo, oggi estinti.

Scrittori ed autori, già al tempo dei romani, avevano classificato alcune delle nostre varietà in modo molto rigoroso. Tra questi, un autore che ci ha lasciato una testimonianza molto importante è Plinio il Vecchio con le sue Naturalis Historia.

Egli ci parla di un vitigno particolare l’Enantio, situato nella zona del Nord Italia dicendoci che in quelle zone cresceva un’uva selvatica chiamata dai romani Oenantium già presente in quelle zone prima del loro arrivo. Se in epoca romana, Virgilio ci diceva che in Italia tutto prosperava e lo stesso Plinio che la Penisola aveva il dominio incontrastato nella coltivazione della vite, con le invasioni barbariche e la fine dell’epoca di pace, tutto cambia.

La vite ha bisogno di cure costanti che necessitano di tempi di pace, i turbolenti periodi che segnarono la caduta dell’impero causarono in molte zone d’Italia l’abbandono delle superfici vitate e il conseguente decadimento. L’Enantio cadde nell’oblio e sopravvisse, fortunatamente, solo in piccoli territori.

Nel secondo dopoguerra quest’uva venne classificata banalmente come Lambrusco a foglia frastagliata, ma senza nulla a che vedere con le caratteristiche dei Lambruschi dell’Emilia Romagna.  La sua riscoperta si ebbe solo in tempi recentissimi, nel 1992 entrò a far parte con il nome Enantio del registro delle varietà di vite da uve da vino.

Si è scoperto che quest’uva è autoctona di quelle zone, da identificare con quella descritta da Plinio duemila anni prima. Oggi fa parte della denominazione Valdadige Terredeiforti Doc condivisa fra Veneto e Trentino.

L’Azienda agricola Roeno, che custodisce vigneti di Enantio di oltre 150 anni a piede franco, è stata una di quelle che hanno guidato la rinascita di questo vino, ne produce due versioni, una base e una riserva con uve provenienti dai vigneti più vecchi.

Enantio Terredeiforti Doc, 2015
15 mesi di affinamento in legno, colore rosso rubino intenso. Apre con note fruttate che ricordano la prugna e i frutti di bosco, prosegue su sentori speziati di pepe nero, fumè, tabacco, cacao amaro. Al palato entra con calore e mostra una freschezza vivissima, tannini non spigolosi. Un vino strutturato con un corpo importante. Grazie a queste sue caratteristiche è un vino che può conservarsi ed evolvere nel tempo. Perfetto l’abbinamento con carni rosse o nere.

Enantio Riserva ed pre fillossera, 2009
Da vigneti di oltre 150 anni proviene questo vino prodotto in quantità esigue. 24 mesi di affinamento in botte grande. Colore rosso granato. All’olfatto apre con note floreali di potpourry poi seguono sentori speziati molto vari, si passa da note di legno e affumicatura, al cuoio e al tabacco, dai sentori di incenso e canfora a quelli mentolati. Nonostante gli 11 anni il vino è vivo, nel pieno della sua età, tannini e freschezza ancora ben percepibili. Grande corpo e lunghissima persistenza, complessità estrema.

Due declinazioni molto interessanti di questo vino con radici antiche ma proiettato verso il futuro, testimonianza di un passato che sembra lontanissimo ma che in realtà è più vicino di quanto si pensa.

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Matteo Gerardi

Matteo Gerardi

Archeologo e sommelier, appassionato del mondo del buon bere e della buona cucina, intesi come forma di piacere. Blogger Instagram con il nome di @piaceridivini. Il vino, per Matteo, è sintesi ed espressione delle tradizioni secolari della società che lo ha prodotto e del contesto in cui nasce.

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