L’altra Toscana del Carmignano…

La Toscana è conosciuta a livello mondiale come patria di grandi vini rossi, fini, eleganti, talvolta costosi.
Accanto a vini famosi come Chianti, Bolgheri e Brunello coesiste una denominazione meno conosciuta ma ricca di storia, quella del Carmignano.

Il Carmignano viene prodotto utilizzando due uve tipiche della Toscana quali Sangiovese e Canaiolo nero accostate ad un vitigno internazionale, il Cabernet. È uno dei primi vini ad ottenere la denominazione nel 1968.

Già dal tardo medioevo questo vino era il più costoso e nobile di tutta la regione, nel 1316 un notaio della zona, di nome Ser Lapo Mazzei, comunica che il suo costo era di quattro volte superiore a tutti gli altri vini toscani.

Possiamo dire che la storia vitivinicola “moderna” della Toscana legata al vino di qualità inizia con il Granduca Cosimo III De Medici quando, nel 1716, redige l’elenco dei vini atti per navigare, individuando quatto zone da cui provenivano i vini migliori di tutta la regione, quella del Carmignano, quella del Chianti, quella del Pomino, quella della Val D’arno di sopra. Anticipando di circa 250 anni quella che poi sarà la base della futura legislazione vitivinicola italiana, con il sistema delle denominazioni di origine.

La necessità del Granduca era quella di far arrivare vini integri ai vari sovrani europei, con i quali intratteneva rapporti politici e commerciali, vini che dovevano viaggiare in nave sottoposti, per lungo tempo, a numerosi stress termici. Solamente i vini migliori, più ricchi in tannini, polifenoli e alcool potevano sopportare questo stress senza ossidarsi.

Da questo periodo in poi la fama e la gloria di questo vino saranno in costante ascesa, per tutto il ‘700 e l’800 il Carmignano sarà uno dei vini migliori e più ricercati di tutta la Toscana. Il presidente americano Jefferson lo preferì di gran lunga ai vini della Borgogna e di Bordeaux a tal punto di far impiantare una vigna di Sangiovese in America, con scarsi risultati.

La sua fortuna iniziò a decadere in età fascista quando la zona entrò a far parte dell’areale del Chianti, non potendo più utilizzare uve internazionali la qualità del vino decrebbe. Nel secondo dopoguerra il vino tornò a crescere di livello, ma il suo nome faticò ad imporsi nuovamente sui mercati internazionali dove l’attenzione iniziò a spostarsi sugli astri nascenti di Bolgheri, Brunello e Chianti. Oggi il Carmignano è una DOCG e viene prodotto solo da 7 aziende ma, a mio parere, quella più rappresentativa per quanto riguarda la sua produzione è Villa di Capezzana.

L’azienda è ricca di storia basti pensare che un contratto di affitto risalente all’804 d.C.  testimonia che a Capezzana, già venivano coltivati vite e ulivo per la produzione di vino e olio. Nel corso dei secoli la tenuta passò in mano a numerose famiglie nobili fino a giungere ai Contini Bonacossi, attuali proprietari, che l’acquistarono nel 1920.

Sono partito alla scoperta dell’azienda nel Luglio 2019, dove ho potuto partecipare ad una verticale di Carmignano partendo dall’ annata 1925 e giungendo, con salti temporali, fino alla 2016. Come tratto comune di tutti i vini di Capezzana ho notato l’estrema longevità, sono in grado di affrontare il tempo con disinvoltura, elevando nel corso degli anni.

Sono rimasto piacevolmente colpito dall’edizione dieci anni del  Carmignano Villa di Capezzana, ovvero bottiglie commercializzate, per scelta aziendale,  dopo 10 anni dalla vendemmia.

Carmignano Villa di Capezzana edizione 10 anni (2009):  il vino si mostra con un colore rosso rubino con unghia granata. Tra le note olfattive immediatamente riconoscibili si notano sentori di fiori rossi appassiti, una bella speziatura, note di incenso e canfora. L’aspetto che più stupisce è l’elevata freschezza e un tannino ancora vivissimo anche dopo 10 anni. Al palato si connota per eleganza e finezza.

Oltre al vino ho potuto apprezzare gli splendidi paesaggi che circondano la tenuta e un olio tra i migliori che abbia mai assaggiato.

Un posto da visitare per conoscere una realtà che all’interno delle sue mura racchiude secoli di storia e per conoscere un vino con un grande passato ed un futuro che si prospetta molto roseo.

Anche perché la Toscana non è solo Bolgheri o Brunello…

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Matteo Gerardi

Matteo Gerardi

Archeologo e sommelier, appassionato del mondo del buon bere e della buona cucina, intesi come forma di piacere. Blogger Instagram con il nome di @piaceridivini. Il vino, per Matteo, è sintesi ed espressione delle tradizioni secolari della società che lo ha prodotto e del contesto in cui nasce.

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