Se parlo di Firenze, e se parlo di Gianni Ugolini, ho la certezza di avere – qualunque sia il mio interlocutore – sempre la stessa espressione “…ah si, Gianni!”. Devo ancora trovare un fiorentino che non conosca Gianni Ugolini. Un (oramai) amico che non so come definire tanto è estroverso e creativo. Geniale direi. Potrei definirlo un grande fotografo, dove l’aggettivo “grande” non sono io ad assegnarlo a Gianni, ma i suoi lavori che potete vedere su gianniugolini.it
Potrei definirlo un grande uomo di relazione. Inevitabile per uno con il suo carattere, sempre alla ricerca di esperienze, di contatti, di condivisione, di persone stimolanti e da stimolare.
Potrei anche raccontarlo come grande ristoratore, vista la sua follia di dare vita a un ristorante cinese di lusso, il Fulìn di Firenze, un posto dove i raviolini cinesi vengono confezionati a mano ad uno ad uno e la ricerca della materia prima è maniacale, a partire dalle anatre fatte arrivare direttamente dalla Provenza.
Ma anche un uomo di grande generosità, visto che l’ho conosciuto condividendo con lui una iniziativa di marketing solidale rivolta ai “Bambini farfalla” (ragazzi affetti da epidermolisi bollosa, una patologia terribile…) che lo vedeva impegnato in alcune migliaia di scatti per la realizzazione di un meraviglioso calendario (che conservo ancora con grande orgoglio).
Ma soprattutto, lo voglio presentare come vero consegnatario delle tradizioni fiorentine, e non solo.
Parlo di tradizioni belle, di quelle che ti impongono un “percorso” ragionato e voluto con tutte le tue forze. Di quelle che ti impongono di mettere da parte le modernità, la pigrizia e la voglia di “cedere per far prima”.
Poteva non essere la sua “Fiorentina” il migliore esempio di questo che sto dicendo? Ma andiamo per gradi.
Decidiamo di andare a Firenze in avanscoperta per tastare il terreno visto che il neo 18enne (mio figlio) Federico, fresco di maturità, verrà in questa città per la triennale di enologia. Con Gianni ci siamo promessi (o meglio lui a me) una “Fiorentina” alla prima occasione possibile. Ecco, l’occasione c’è, e glielo faccio sapere.
“Oh, mi raccomando, dimmelo una decina di giorni prima che devo prendere materia prima super sport…”. Questo è l’avvertimento che mi ha dato Gianni appena gli ho fatto sapere che sarei passato dalle sue parti.
Si, perché la fiorentina da Gianni, deve sottostare alla regola delle cinque “C”: La Ciccia, la Cottura, Calda dentro, i Coltelli, la Compagnia.
Finalmente ci siamo. Siamo a casa di Gianni. E alle cinque “C” io devo necessariamente aggiungere la “T” di tempo e la “P” di passione, anche perché quello che ho visto fare da Gianni, a mio avviso non è replicabile.
3 bistecche di scottona di fassona , 45 giorni di frollatura (e con la prima “C” ci siamo in pieno).
Bistecche da 1.5 Kg messe in forno per dare modo alla parte interna di scaldarsi a dovere e fare in modo che la bistecca non arrivi calda fuori e fredda dentro. Un dettaglio che oltre a soddisfare la seconda “C”, devo dire è a mio avviso il vero tocco di maestria da parte di Gianni. Di fatto una “coccola” riservata alle bistecche che parte dal primo pomeriggio, così come parte da molto prima la preparazione del fuoco, con legni rigorosamente di ulivo e cerro.
Poi non vi dico la cura della brace. Talmente maniacale da farti strabuzzare gli occhi quanto Gianni si presenta con un phon e inizia a stuzzicare il fuoco per farlo arrivare al punto necessario per passare alla cottura della carne. Ed è in quel momento che inizia un percorso quasi religioso, fatto di sale, pepe, olio alloro, massaggi, girate e rigirate sulla griglia di stuzzicamenti del fuoco che si alternano a spruzzi di acqua per abbassare la fiamma.
Un rituale, o meglio un disciplinare che si completa quando la carne viene appoggiata su dei taglieri di legno, tagliata con dei “signori” coltelli artigianali di Scarperia, e condivisa in un religioso silenzio. Se “Agnesi”, quello della pasta avesse potuto immortalare questo momento lo spot (chi se lo ricorda?) “Silenzio parla Agnesi”, sarebbe diventato “Silenzio, cuoce Ugolini”…
Non racconto la fase successiva in quanto potrebbe generare invidia, ma soprattutto sarebbe mortificante per l’artistico lavoro completato da Gianni. Un’opera d’arte degna della sua migliore fotografia. Un momento di gratificazione totale che può essere solo vissuto e non raccontato. E mi dispiace per voi.
Ah, ma però manca l’ultima delle “C”, la compagnia.
Beh, sul piatto, dopo la Fiorentina è arrivato anche un “Tentennino”, una sorta di flan decisamente super, e comunque, tentennino a parte a casa di Gianni, il piatto poteva anche essere vuoto e la “C” di compagnia sarebbe stata comunque onorata in grande stile 🙂
PS.
Da non perdere i 5 minuti di video con la preparazione completa.
Indubbiamente soffrirete, ma ne varrà la pena.