Ancora in Provenza, a due passi da Avignone.
Molti si fermano li: Arles, Avignone, Orange…. ma dipende da cosa fai nella vita.
Quello che ho notato negli anni è che quando inizia ad interessarti del vino, le carte geografiche cambiano. Una volta c’era la carta politica e quella fisica. Poi quella stradale e satellitare su google. Poi streetview… e poi la carta dei vini, quella che oramai caratterizza i miei viaggi.
Per e, si scrive “Avignone” ma si legge “Châteauneuf du Pape”.
Nome che per molti non significa nulla ma che per chi adora il vino è un po’ come Maradona per chi ama il calcio, i Beatles per i nostalgici di quella musica e Armani per chi è fashion addicted.
Okay, in Francia – come in Italia – è molto difficile dire chi è “il Maradona” di turno. Bordeaux? Borgogna? Chablis? Anche Châteauneuf du Pape fa la sua parte. Del resto è la prima AOC francese, il che mi lascia presupporre che da queste parti il vino ce l’abbiano nel DNA.
Châteauneuf du Pape è un paesino microbico (lo dico in modo affettuoso) in cui esiste, si parla e si respira, di fatto, solo vino.
Provenza, si, ma anche Valle del Rodano. Ma quel che conta è che quando entri “in zona”, quando iniziano i vigneti… è lì che vieni preso da un momento di estasi. Una strada di campagna, vigneti bassi su un terreno sassoso che nella loro essenzialità comunicano fin dall’inizio la loro importanza.
Dove andare? Come scegliere?
Prima di partire prendo contatto con Adrien Brun, l’export manager di Chateau La Nerthe.
Adrien ci guida in una visita di quelle “come si deve”.
Lo Chateau con la sua terrazza che sovrasta un boschetto e vigneti a perdita d’occhio, ma è dalla cantina che iniziamo al nostra visita.
Cantina imponente. Tanta roba, dalla bottaia alle gabbie all’interno delle quali ci sono bottiglie che solo a guardare le etichette vorresti averle tutte. Residui storici di pertugi e botole legati ai vecchi processi di vinificazione. Una parete fatta addirittura con pietra proveniente da un teatro di Orange (non vorrei sbagliare) che apparentemente è un muro ma che in realtà è un “luogo di affinamento” (di fatto una parete-botte). Ancora percorsi a mò di labirinto, con angoli sotterranei che rivelano scaffali che definirli affascinanti mi sembra offensivo più che solamente riduttivo.
Ritorniamo alla luce e allo splendore della dimora. Entriamo in una sala austera ma di una eleganza unica.
Un relax totale, cinque bottiglie da degustare di una eleganza e di una piacevolezza unica. Oserei dire quasi “facili” per quanto riescono a scorrere in bocca nonostante fuori faccia un caldo veramente “importante”.
Un blend fatto principalmente da Grenache, Syrah, Mourvèdre (ma non solo). E poi si, Mourvèdre, una costante in questi percorsi. Ma una costante piacevole, diretta, elegante, potente. Un vitigno che, senza togliere nulla alla grenache noir, oramai considero il benvenuto ogni volta che lo incontro.
Poi di nuovo in vigna a farci raccontare di un territorio baciato dal clima e dall’acqua.
A scoprire che Châteauneuf du Pape ha 4 diversi terroir : ciottoli di quarzo, sabbioso, rocce calcaree e argilloso calcareo.
A vedere i diversi vigneti con forme diverse e colori diversi.
A capire per quale motivo Châteauneuf du Pape gode di così tanta fama.
A scoprire che la proprietà di questa azienda produce anche in alte zone prestigiose della Francia, così come a capire che qui se vuoi un ettaro di vigna ti serve una milionata di euro.
A capire anche che a Châteauneuf du Pape si fa anche bianco. Poco, m si fa.
Liberiamo Adrien, pronto a dedicarci tutto il tempo che vorremmo, ma non ci sembra giusto andare oltre.
Salutiamo anche le cicale, tante e chiassose al punto tale da rendere difficile girare un video.
Salutiamo Chateau La Nerthe, riportandoci a casa una bottiglia da aprire nelle grandi occasioni.