I luoghi comuni della cucina gourmet…

Forse sarà perché sono romano, o semplicemente perché sono cresciuto con una cucina di famiglia fatta di aglio prezzemolo e rosmarino. O forse perché la mia tendenza è quella di non usare un linguaggio troppo artefatto o “pensato”. O magari semplicemente perché per il mio carattere trovo più naturale esprimermi in modo tale da essere compreso.

Mi riferisco al linguaggio e ai gesti spesso usati dagli chef televisivi e da chiunque si occupi di cucina passando per televisioni e media di vario tipo. Comunque a luoghi comuni che ritornano quando si ha a che fare con gli chef “quelli bravi” e con i modi di fare.

Oggi ho voglia di fare una riflessione su quelle “posture” – termine improprio ma così mi viene di definirle – che mi lasciano sempre insoddisfatto, o comunque con il dubbio “…ma non poteva dirlo/farlo in modo più naturale?”

Le quantità indefinite
Mi riferisco al modo di raccontare una quantità indefinita. “…del burro”, “…del pomodoro”, “…dello zucchero”. A me verrebbe più normale dire “aggiungi un pò di burro” o “usa una piccola dose di sale” o “aggiungi un rametto di rosmarino”. Sbaglierò, ma detto da un francese “du beurre…” suona molto figo. A me però sembra più naturale dare una forma più definita al “del”. E soprattutto non credo che usare “del” ti faccia diventare più bravo

Scucchiaiare Vs. Rovesciare
Versare un ettolitro di pomodoro da una ciotola ad una padella va rigorosamente fatto con n singole cucchiaiate. Vi vorrei vedere nel quotidiano, nella vostra cucina… Ma invece girare la ciotola e fare prima no? Anche in questo caso, probabilmente scucchiaiare fa diventare più bravi ed eleganti

Se non si vede il sangue…
Se nella carne non si vede il sangue, o comunque una buona dose di “rosso”, non sei un bravo chef. Ora, premesso che a me le cose non piacciono stracotte, spesso mi trovo a tavola con amici, e non ho problemi a dire che un buon 50% dei commensali non ama le cotture al sangue. Potremmo quindi (anche) pensare che a qualcuno piace cotto?

Animelle e Rognone
A quanto pare, se nel menu non ci sono animelle, rognone e/o interiora di vario tipo, il tuo menù non è gourmet. E magari proposte anche al prezzo del tartufo. Però la trippa no, quella non è “elegante” e quindi la lasciamo solo alle osterie di Testaccio e Trastevere.

Consistenza
La parola “consistenza” è oramai entrata anche nel vocabolario di chi deve dire qualcosa a proposito di un piatto. Una bella via di fuga per chi deve dire qualcosa, ma senza sapere esattamente cosa.

Sbaglio? Probabilmente si, ma il ritorno a piatti poveri e popolari come amatriciane, carbonare e pasta e fagioli, mi lascia pensare che possa essere imminente anche il ritorno a un parlare più semplice, fatto più di sostanza che di “atteggiamento” 🙂

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Maurizio Gabriele

Maurizio Gabriele

Fondamentalmente un curioso. Programmatore e sistemista pentito, decide di virare in modo netto verso il mondo della comunicazione, caratterizzato da progetti decisamente più stimolanti. Attratto dalla cucina sia come forma di espressione che di nutrimento e, inevitabilmente, dal vino. Sommelier dal 2018. In giurie internazionali dal 2020. Writer per passione. Entusiasta per scelta di vita.
Gourmet Lucano…

E’ possibile coniugare tradizione e innovazione? Esiste una cucina gourmet lucana?

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