Mai come in questo caso mi sono sentito fiero del mio 50% di sangue marchigiano.
Quando Maurizio Valeriani di Vinodabere.it mi ha detto “Mauri, tieniti pronto che la settimana prossima avremo una degustazione di Bordò…“, tre me e me mi son detto: ok, Francia. Sono pronto.
A maggior ragione quando ho capito che si trattava di Grenache…, ma la storia è un’altra.
Vorrei però spendere due parole sulla Grenache anche per i meno esperti.
Garnacha in Spagna (o Garnatxa se siete in catalogna)
Grenache in Francia
Granaccia in Liguria
Cannonau in Sardegna
Gamay in Umbria
Tai Rosso in Veneto
e poi Alicante in altre zone.
A parte alcune differenze, più o meno lo stesso vitigno. Un vitigno molto diffuso anche grazie alle sue capacità di adattamento al territorio che lo ospita. Di fatto un vitigno che probabilmente avrete già bevuto…
E il “Bordò“? Ah, si, c’è della Grenache anche nelle Marche, una varietà riscoperta nel Piceno grazie a Giovanni Vagnoni de “Le Caniette” e Marco Casolanetti di “Oasi degli Angeli“.
La cosa che più mi è piaciuta è il modo di fare squadra di questa “comunità di produttori” – 9 allo stato attuale – che si sono presentati tutti insieme per la degustazione attorno ad una tavola imbandita con i loro vini (e non solo).
Ma veniamo alla degustazione.
Devo necessariamente partire dalla fine : emozionante.
Non trovo altro termine per descrivere il mio stato d’animo.
Dall’etichetta al colore, dalla bottiglia al movimento nel bicchiere.
Dai profumi alla gioia dell’assaggio.
Purtroppo non riesco a non essere entusiasta.
Ho bevuto in precedenza Cannonau, Alicante e Garnatxa catalana, ma qui è un’altra storia.
Ho passato un pomeriggio di quelli che ricorderò in quanto ho trovato nei nove bicchieri quello che non ho trovato in altre degustazioni.
Confesso anche che fatico a scrivere una nota di degustazione per ognuno dei vini provati.
Fatico in quanto Bordò mi sembra una esperienza da premiare nella sua complessità, nel valore di fare squadra e nella grande qualità complessiva di tutti i vini presenti sul mio tavolo…
Ruggine 2013 / Clara Marcelli
Tanta complessità nel bicchiere. Una speziatura delicata accompagnata da un tannino elegante.
Per me alcune note di liquirizia. A volte anche di miele. Super.
Bordò 2014 / Poderi San Lazzaro
Anche questo complesso, ma un pò meno del precedente. Frutti rossi e un tannino più deciso.
Cinabro 2015 / Le Caniette
Il mio preferito. La mia espressione nel portarlo alla bocca è stata “diverso da tutto“. Lungo, elegante, tante nuances…
Un tannino di carattere, molto presente ma delicato. Lungo. Drammaticamente piacevole.
La Ribalta 2015 / Pantaleone
La sorpresa. Balsamico, noce al naso. Masticabile.
Come dice Maurizio Valeriani (rubo in quanto la definizione è perfetta), molto succoso.
Una bella consistenza. Io ci trovo anche una lieve, piacevole, nota erbacea.
Michelangelo 2016 / Dianetti
Le sorprese non finiscono mai. Goudron. Finalmente il famigerato “asfalto” nel bicchiere.
A parole è difficile spiegarlo, ma averlo nel bicchiere è una fortuna. Tannino deciso, lungo.
Tanto affascinato dal naso al punto tale – lo ammetto- di non essermi appuntato molto di più.
Rossobordò 2016 / Valter Mattoni
Continua questa sequenza sorprendente fatta di eleganza, di carattere, di un bel frutto e, per me, di un ricordo di macchia mediterranea.
Lungo. Provo a portarmi via i resti della bottiglia ma fallisco miseramente 🙁
Arsi 2016 /Maria Letizia Allevi
Oplà! Un vino che mi scuote dal nirvana di questo pomeriggio.
Tannino importante. Una bella struttura. Una piacevole sapidità che non ho trovato negli altri vini.
Kupra 2016 / Oasi degli Angeli
Eh, “Houston abbiamo un problema…“. Di questo vino ne fanno dannatamente troppo poco.
Mi sembra di bere qualcosa che poi sarò costretto a dimenticare. Ma Kupra 2016 è quanto di più vicino a ciò che definirei un vino difficile da dimenticare. Difficile per la sua complessità, per tutto quello che il mio naso riesce a percepire, da sentori terziari a note balsamiche.
Un vino terribilmente ampio, ma tanto facile da bere quanto da voler condividere.
Red 2018 / Irene Cameli
Difficile da valutare dopo un “giro” come quello appena affrontato.
Però Red 2018 si difende egregiamente. Indubbiamente il più giovane di tutti ma con un DNA che già lascia intendere quale sarà il futuro di questo vino.
Cari amici marchigiani, complimenti. Complimenti. Complimenti.
Non aggiungo altro.