Comincerei dicendo che l’argomento oltre che complesso è controverso e spinoso, ma proprio per questo, oltre al fatto di essere anagraficamente direttamente interessato, credo sia interessante parlarne.
Mi capita spesso di sentire opinioni contrastanti riguardo i giovani e l’alcol, dato che l’argomento non si limita al solo vino, da persone di tutte le età e status sociali e potrei quasi dire di aver svolto involontariamente una ricerca sociologica da cui ho constatato che esistono due punti di vista ben definiti: quello dei giovani e quello degli adulti.
A chi stesse pensando che, come in quasi tutte le diatribe generazionali che si rispettino, questi due punti di vista siano opposti, lasciatemi dire che si sbaglia di grosso perché, invece, entrambi giungono alla stessa conclusione ovvero che, per i giovani, l’alcol è solo un mezzo per sballarsi.
E, mio malgrado, non posso che confermare.
Ai tempi del liceo ho notato spesso come birra, vino, distillati, ecc… vengano ridotti al termine generico di “alcol”, e ho assistito sgomento al culto dell’inghiottire anziché assaggiare o degustare.
Trovo particolarmente triste pensare che, al di là del livello qualitativo, bevande con così tanta storia vengano consumate con voracità solo per il gusto di perdere il controllo; ma così come ho fatto questa constatazione, ho anche notato che, per i miei coetanei, è il contesto a definire cosa e come bere: se si va in discoteca l’opzione migliore sarà il super alcolico, al pub sarà invece la birra, mentre se si va ad una festa più elegante saranno le bollicine a farla da padrone e non tanto per un fattore culturale, quanto per abitudine.
Perché si fa così.
In realtà, quindi, basta portare i ragazzi nel luogo giusto per incentivarli a scoprire qualcosa di nuovo, per definire nuovi paradigmi di gusto oltre che di comportamento e, magari, per educarli alla qualità piuttosto che alla quantità, un aspetto dettato non tanto dalla moda quanto dalla conoscenza.
Ed è forse proprio la mancanza di conoscenza che non permette ai ragazzi di apprezzare la qualità e che li spinge verso la quantità e l’omologazione anche perché, diciamocelo, la qualità – una volta scoperta – è dura da abbandonare!
E allora voglio lasciarvi con un quesito.
Qualcuno lo leggerà come una riflessione, altri come una provocazione, ma mi chiedo spesso perché, venendo educati alla storia, all’arte, alle scienze, alla matematica e a tanto altro, non si venga educati anche a sviluppare un nostro gusto personale anche se solo a livello teorico.
Voi, cosa ne pensate?